GARESSIO, un borgo tra passato e presente
Da Porta Rose al palazzo comunale
All’imbocco del borgo antico vi accoglierà la Porta Rose, posta alla confluenza del rio San Giacomo e del Rio San Mauro. Si narra che, durante una violenta battaglia contro gli Spagnoli nel XVI secolo, gli abitanti di Garessio versarono così tanto sangue che anche i corsi d’acqua persero il loro nome dando origine al torrente Malasangue. La Porta Rose costituiva l’ingresso all’antico borgo a cui si accedeva da un ponte levatoio posto tra due torri, una delle quali ancora visibile. La leggenda narra di una dama che gettò una rosa rossa ad un cavaliere nemico dalla feritoia, ma quando egli la raccolse e la accostò al petto un sibilo tagliò l’aria e una freccia lo colpì al cuore, mescolando il rosso del sangue a quello dei petali del fiore. Da allora una pianta di rose adorna la torre e fiorisce ogni anno. Passeggiando lungo l’odierna Via Cavour – un tempo la “contrada maestra” – incontrerete scorci pittoreschi e facciate medievali in pietra e cotto. Il grande edificio con colonne in facciata e sormontato da una possente torre con orologio è oggi sede del municipio. Dal porticato che ospita il Monumento ai caduti si accede al piccolo museo in cui sono allestiti reperti archeologici provenienti dalle grotte del territorio che rimandano alla presenza umana e animale, lapidi funerarie di epoca romana e numerosi frammenti di affreschi staccati dalla cappella di Cerisola, dipinta da Segurano Cigna nel 1461.
Chiesa di San Giovanni
Addentrandovi nel centro storico non potrete che fermarvi ad ammirare la deliziosa piazza San Giovanni, a cui fa da sfondo l’omonima chiesa preceduta da una scalinata. Nel 1938, nella graziosa casetta a sinistra della chiesa è nato Giorgetto Giugiaro, uno dei più importanti interpreti del design italiano, soprattutto in ambito automobilistico. È a lui che si deve l’odierno assetto della piazza, con le pitture a trompe-l’oeil sui palazzi e la pavimentazione in ciottoli bianchi e neri. La confraternita di San Giovanni o della Misericordia fu costruita nel XVI secolo sullo sperone roccioso chiamato “Bricco”; la scritta sul portale dice che fu terminata nel 1593. L’interno a navata unica è decorato da diciotto lunette affrescate nel 1681 con la vita del santo e attribuite al pittore Enrietto Ferrino; di grande pregio l’ancona barocca in gesso. Presso questa chiesa, da tre secoli si ripete la più importante e sentita tradizione di Garessio, che avviene ogni quattro anni: il Mortorio, Sacra Recita e Rappresentazione della Passione e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo. Proprio a questa antica tradizione fanno riferimento i dipinti alle pareti, realizzati sempre da Giugiaro: i personaggi rappresentati hanno i volti degli abitanti di Garessio che nel corso del tempo hanno preso parte al Mortorio.
Passeggiando nel borgo antico
Proseguendo il cammino lungo le stradine del centro storico, Garessio mostra tutto il suo volto antico, con porte, ponti e chiese che riportano ad un tempo lontano. Sotto i grandi archi in pietra di porta Jhape e porta Liazoliorum sono passati per secoli, viandanti, pellegrini e mercanti in transito dal Piemonte alla Liguria. I nomi in apparenza esotici di questi luoghi rimandano in verità alla parlata locale: “Jhape” sembrerebbe derivare da “chiappe” o “lose” le lastre di pietra, mentre Liazoliorum fa riferimento alla famiglia Viassolo che qui abitava, custodiva la porta e riscuoteva i pedaggi. Oltre il ponte in pietra sul Rio Mauro, all’estremità del paese, sorge Santa Maria extra Moenia una delle più antiche chiese della città documentata già dall’XI secolo. Anche se le trasformazioni del secolo scorso hanno profondamente alterato l’aspetto originario, possiamo ancora ammirare le tracce medievali nel portale – oggi tamponato – e nello slanciato campanile innalzato nel 1448 dai maestri Bellino e Amedeo.
Parrocchiale dell’Assunta
La passeggiata lungo il Rio Mauro è dominata dell’imponente mole della chiesa parrocchiale del Borgo Maggiore dedicata a Maria Vergine Assunta. Dalla fine del XV secolo qui aveva sede il convento di San Domenico, poi rinnovato su progetto dell’architetto monregalese Francesco Gallo; la nuova chiesa fu iniziata nel 1717 e consacrata nel 1728. Con le soppressioni napoleoniche, vennero cacciati i Domenicani e asportati gli arredi sacri, la chiesa fu venduta e pesantemente danneggiata nel suo corpo, al punto che nel 1870 fu quasi del tutto ricostruita dall’arciprete Unia seguendo il progetto del Gallo. La bella facciata in mattoni con l’arioso porticato è la parte originale meglio conservata. L’interno è ampio e luminoso, con l’organo dei fratelli Serassi del 1829, imponenti altari, eleganti statue settecentesche e le tele con l’Assunzione di Maria, opera del pittore Vinaj, e la Gloria di San Domenico, proveniente dall’antico convento. Qui riposa dal 1548 il corpo della Beata Caterina Mattei da Racconigi.
Castagne e acqua
La ricchezza di acque, pure e terapeutiche, è stata una delle grandi fortune di Garessio che l’hanno resa famosa come luogo di villeggiatura fin dagli anni Venti del Novecento. L’acqua cristallina scorre intorno al paese e sgorga dalle numerose fontanelle sparse per le viuzze. Altra grande risorsa del territorio è la castagna garessina, diffusa, coltivata e lavorata nell’Alta Valle Tanaro e nelle valli Mongia, Bormida, Casotto e Pennavaire. Questa varietà è conosciuta per la sua dolcezza, delicatezza; è una castagna bianca e di gusto eccellente, secondo gli esperti la migliore castagna secca in assoluto, lavorata secondo un processo antico tramandato da secoli.
Castello di Casotto
In questo luogo immerso nel verde, sorse prima di tutto una Certosa, tra le prime in Italia per anno di fondazione. Qui si insediò per pregare in meditazione un gruppo di eremiti prima ancora dell’anno Mille, ma fu solo dopo 1172 che essi cominciarono una vita monastica secondo la regola certosina. Secondo la tradizione – non confermata dai documenti - la causa sarebbe stato il passaggio di San Bruno nel suo viaggio verso Roma. Nel 1183 grazie alle donazioni dei signori di Garessio fu fondata la certosa di Santa Maria del Casotto. La costruzione nata nell’XI secolo fu ristrutturata e ampliata nel Settecento. Dopo le spoliazioni napoleoniche l’antico monastero andò in rovina; la struttura fu acquistata da casa Savoia nel 1847 e rinnovata accentuandone l’aspetto di castello-villa. Questo luogo fu particolarmente amato da Vittorio Emanuele II la frequentò come riserva di caccia. Il complesso, costituito da un corpo centrale e due ali avanzate, ha un aspetto monumentale che contrasta con sobrietà e carattere privato degli interni, ancora arredati e visitabili. La Reggia è di proprietà della Regione Piemonte ed è oggi inclusa nel circuito delle Residenze Sabaude, Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco dal 1997.
CREDITS
Regia: Paolo Ansaldi
Post-Produzione: VDEA Produzioni
Traduzioni: Europa 92
Copywriter e ricerca: Laura Marino
FINANZIAMENTI
ATL del Cuneese
RINGRAZIAMENTI
Paola Carrara, Michelangelo Giaccone, Kalatà